Missione di avvio progetto “Bambine di strada di Kinshasa”

A ben vedere, con gli occhi di un osservatore estraneo, ospite momentaneo della realtà politica e sociale congolese, l’impressione avuta è quella di un Paese prossimo a una crisi sociale, che potrebbe riprendere e ripetere una guerra civile interrotta nel 2003. Furono alcuni milioni le persone uccise nei sette anni dal 1996 a 2003.
In generale, la violenza delle milizie in Congo (una polveriera di conflitti legati alla terra, all’etnicità e alle risorse minerarie) è stata esacerbata dalla crisi politica dovuta alla volontà del presidente Joseph Kabila di restare al potere nonostante la scadenza del suo mandato costituzionale a dicembre. (Reuters)
In questo contesto ho visto spettatori, che stanno aspettando quel che avverrà, tra questi la MONUSCO, l’UE, le diplomazie europee e internazionali, che con le rispettive Unità di Crisi e in collaborazione tra di esse, si preparano a evacuare i propri cittadini residenti nel Paese per affari e per cooperazione allo sviluppo. E intuisco ci siano attori impegnati a creare e/o a mantenere le condizioni per la prosecuzione delle proprie politiche di sfruttamento delle risorse minerarie di cui è molto ricco il Paese.

Il rapporto Global Witness ha pubblicato un nuovo rapporto per denunciare il concreto rischio che le prossime elezioni presidenziali nella Repubblica democratica del Congo passino attraverso contratti minerari poco trasparenti, destinati a finanziare le manovre di Kabila per ritardare le elezioni e rimanere al potere, visto che è già stato eletto due volte, l’ultima nel 2011, e la Costituzione congolese gli impedisce di ricandidarsi per un terzo mandato.

Il mandato del presidente Joseph Kabila è terminato il 19 dicembre, ma è stato autorizzato dalla Corte Costituzionale a restare in carica fino alle prossime elezioni che sono state fissate al 2018. L’opposizione non la pensa allo stesso modo e monta la collera e con essa i morti e i rischi di guerra civile. Per evitare ciò la Conferenza Episcopale Congolese ha mediato un accordo con il presidente, firmato il 31. 12. 2016 che ha strappato a Kabila l’impegno a non ripresentare la sua candidatura alle elezioni presidenziali e politiche, a nominare un primo ministro tra le file dell’opposizione e a riconoscere al nemico di sempre, Étienne Tsisekedì, il ruolo di presidente del Consiglio Nazionale di Transizione. Tutto si complica con la sua morte a 84 anni, a Bruxelles, lo scorso 1 febbraio. Nel Paese si dice che sia stato aiutato a prendere questa decisione.
A questo punto le cose per Kabila si complicano perchè le forze dell’opposizione chiedono a gran voce il rientro della salma e gli onori ufficiali per la figura del politico morto nel pieno della sua funzione istituzionale. Iniziano i mal di pancia di Kabila soccorso dai militari con esibizioni muscolari di forza, sia nella capitale che in altre regioni del Paese come nel Kasai.
L’agenzia Fides raccolgie la denuncia del vescovo di Luiza Mons. Galumbulula , di «violences exceptionnelles et des atrocités inimaginables vis-à-vis de la population» commises par les miliciens de Kamwina Nsapu dans différentes localités de son diocèse sis dans le Kasai Central »
A la suite de ces nouveaux troubles, le vice-gouverneur du Kasaï-Central, Justin Milonga, a entamé samedi après-midi une tournée de sensibilisation de la population de Kananga à la culture de la paix. A Nganza et à Malole, il était accompagné des membres du conseil provincial de sécurité et de quelques responsables de la MONUSCO, la mission onusienne en RDC.

La missione di GSI Italia inizia il 13.02, Il 14 entriamo nella zona di Kinshasa scenario dell’eccidio di civili nella borgata dove ha sede la associazione Chero, nostra partner negli anni scorsi, dove ero interessato a visitare la piccola Gloria, affetta probabilmente da « spina bifida » e che sto valutando di trasferire in Italia per sottoporla a intervento chirurgico. Entriamo così impreparati in una zona massicciamente militarizzata, ponendo noi stessi e il nostro accompagnatore congolese in allarme evidente. Due i morti per i militari a seguito della guerriglia, una decina per gli abitanti del luogo. Fortunatamente riusciamo a entrare e a uscire incolumi dalla baraccopoli e senza essere fermati.

Il 18 febbraio nella provincia del Kasaï-Centrale viene saccheggiato le Grand Séminaire de Malole à Kananga ed è la prima volta di un attacco alla chiesa cattolica. Non sarà l’ultima.

Il giorno dopo Papa Francesco all’angelus domenicale accenna alle vittime e alle loro famiglie, dolendosi degli eventi.
La Reuters pubblica una nota di agenzia nella quale da testimonianza che tra il 9 e il 13 febbraio l’esercito congolese ha ucciso almeno 101 persone, tra cui 39 donne nella regione del Kasai Centrale. A denunciare il massacro è stata Liz Throssell, la portavoce dell’Agenzia Onu per i diritti umani. “Siamo profondamente preoccupati per l’elevato numero di decessi segnalati – ha detto -, che se confermati suggerirebbero un uso eccessivo e sproporzionato della forza da parte dei soldati governativi”.
Gli scontri hanno avuto luogo all’interno e alla periferia di Tshimbulu, circa 160 km a sud della capitale provinciale Kananga. Secondo fonti locali i militari avrebbero aperto il fuoco sparando indiscriminatamente con le mitragliatrici quando hanno avvistato i combattenti della milizia del defunto capo tribale Kamwina Nsapu, armati per lo più di machete e lance. Nsapu è stato ucciso dalle forze armate congolesi lo scorso agosto, dopo aver giurato di liberare la provincia del Kasai Centrale dalla presenza dei militari di Kinshasa, accusati d’aver abusato della popolazione locale.
Siamo così al 19 febbraio, giorno della nostra partenza. Andando all’aeroporto passiamo a salutare le suore di Madre Teresa di Calcutta, dove incontriamo profughi dalla chiesa di San Domenico, distrutta internamente da imprecisate orde di facinorosi in borghese. Una suora riferisce di essere stata dileggiata per strada. Il convento degli Oblati di Maria Immacolata è saccheggiato.
Tutte azioni che come denuncia il cardinale Mosengwo, arcivescovo di Kinshasa, rappresentano il tentativo chiaro di « scoraggiare i vescovi dalla loro missione ». Arrivando all’aeroporto riceviamo fortunosamente e inaspettatamente un video che scopriamo dopo essere quello di un eccidio inenarrabile su persone inermi.

Il portavoce del governo e il ministro degli interni parleranno di un falso. Il ministro degli Esteri di una eccessiva prova di forza da parte delle forze militari.

 

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